CREARE VALORE SOSTENIBILE E CONDIVISO TRA SISTEMI DI IMPRESE. COME?
Ancora troppe imprese si affannano occasionalmente a comunicare, o realizzare azioni poco significative e scoordinate, per darsi un tono di sostenibilità. Il rischio è un greenwashing fin troppo evidente, l’occasione persa è quella di sviluppare competitività. Ma non mancano imprese che con programmi condivisi ed efficaci sanno generare valore. Per tutti.
La sostenibilità non è ancora un prerequisito spontaneamente ricercato dalla maggior parte delle persone, anche manager d’impresa, nel proprio agire quotidiano. È necessario uno rapido e straordinario sforzo culturale e di formazione.
Diverse iniziative di “sostenibilità” comunicate dalle imprese, ancora oggi, sottovalutano la consapevolezza e la capacità critica dei loro clienti e si rivelano greenwashing nei fatti e boomerang negli effetti.
Nel percorso di ricerca e implementazione di azioni di sostenibilità d’impresa che realizziamo a livello internazionale, ci entusiasmano alcuni casi. Sono imprese che, nei fatti e, quando possibile anche con vantaggio competitivo, hanno saputo fare un percorso trasparente e collettivo di generazione di valore condiviso, aggregando, soprattutto nell’agire comune, centinaia di imprese delle proprie filiere o supply-chain.
Chi l’ha detto che fare sostenibilità debba essere sempre più costoso che non farla? Perché la pratica sostenibile non viene considerata un investimento, più che un costo, anche con la prospettiva di una maggiore competitività?
La competizione, anche attraverso azioni sostenibili, trasparenti e rendicontate, meglio se corroborate anche da incentivi e risorse pubbliche, può essere uno straordinario acceleratore di risultati sostenibili collettivi. Si tratta di investimenti, non di costi.
Le moratorie sono artifici che, al limite si realizzano tra stati e istituzioni, ma le imprese non sarebbero più tali se non dovessero più avere l’obiettivo di creare valore.
Quello che abbiamo trovato in alcune esperienze pragmatiche, semplici e trasparenti sono le risposte a gruppi di imprese tra loro interdipendenti, alle domande che ognuna di loro si pone: quali azioni-innovazioni intraprendere, a partire dal design progettuale dei miei prodotti per ridurre i volumi di materiale impiegato, per occupare meno spazio, per eliminare lo sfruttamento di mano d’opera, per…? Come posso, prima stimare e poi misurare, l’impatto di queste soluzioni, ad esempio, in termini di riduzione di CO2eq oltre che di vendite? Come si integrano i miei sforzi con quelli delle imprese che mi sono attorno nella filiera (prima, dopo, di fianco)? Quali sono gli incentivi e i premi?
Un esempio virtuoso, iniziato pochi anni fa è il Gigaton Project di Walmart, che farebbe invidia, per obiettivi e risultati di riduzione delle emissioni di Co2eq, a quanto ancora non sembra emergere in questi giorni al COP26 in corso a Glasgow. Si tratta di un esempio che in alcune occasioni ho avuto la possibilità di descrivere, e che potrebbe essere un punto di riferimento, un modello, per sistemi d’impresa, distretti, settori, filiere, ecc. che aggregano aziende e che sono spesso fiore all’occhiello del made in Italy.
